Il passato regala bellissimi esempi di alcuni tratti della sua storia.
Sono monumenti, opere d’arte, tradizioni o semplici manufatti. Ciascuno, a suo modo, fa rivivere emozioni legate al pensiero di vite che si sono intrecciate con quegli oggetti o hanno prodotto quelle opere.
Un mobile antico è un esempio di una parte tangibile del passato che ha vissuto la sua storia ed è arrivata a noi. E’ anche un prodotto affascinante, soprattutto per i suoi estimatori e per chi si sofferma a pensare a cosa avrà vissuto quel pezzo d’arredamento, di quali stanze è stato un componente, quali segreti ha nascosto e quali mani lo hanno curato o usato.
I mobili antichi hanno il fascino dell’oggetto privato, forse amato, forse indifferente, ma che comunque ha vissuto l’intimità di una famiglia.
Molti vecchi mobili, antichi o d’epoca, sono conservati in buono stato e necessitano soltanto di un’adeguata lucidatura per tornare al loro originario splendore. Altri, purtroppo, hanno subito maggiori peripezie o sono stati troppo trascurati ed hanno bisogno di mani esperte che sappiano eliminare i danni e risanare segni che non sono soltanto quelli, comprensibili, del tempo trascorso.
Il restauratore è colui che si occupa, prima di tutto per passione, di riportare i vecchi mobili del passato a nuova vita.
Un buon restauratore è innanzitutto bravo in storia e conosce le caratteristiche di ogni epoca, dal punto di vista degli stili e degli arredi. Non potrebbe fare un buon restauro, se non sapesse esattamente quali erano le tecniche di falegnameria in voga nel periodo in cui è stato prodotto il pezzo da restaurare che si trova davanti.
L’uso del mobile è antichissimo; tavoli e sedie si trovavano già tra gli Assiri e gli Egizi; i primi armadi noti risalgono agli antichi Romani ed agli Etruschi. Nel Medioevo i mobili erano ridotti all’essenziale, tranne nel caso degli arredi per le chiese e per le case dei nobili.
Col Rinascimento, in Italia il mobile comincia ad assumere maggiore importanza e nel Barocco ha origine l’impiallacciatura. L’impiallacciatura consisteva nel ricoprire mobili in legno non pregiato con un sottile pannello, il piallaccio, di legno di gran qualità. Adesso si definisce impiallacciato anche il mobile ricoperto di qualsiasi tipo di legno, ma all’epoca la copertura era fatta solo con legni nobili.
Nel Settecento il mobile si arricchisce e, al tempo stesso, diventa “leggero”. Cassettiere, scrivanie, mobili ad angolo: gli artigiani e gli ebanisti, italiani e non, danno il meglio di sé e si affermano nomi che diventeranno ben noti agli appassionati di mobili antichi.
L’Ottocento, a seguito della grande richiesta, vede l’inizio della produzione semi industriale. L’artigiano nella sua bottega non è più il solo creatore di mobili, ma viene gradualmente affiancato da un tipo di produzione affidato sempre più alle macchine.
Infine, agli inizi del Novecento, si afferma l’Art Decò, ovvero uno stile che cerca di opporsi alla massificazione della produzione industriale e vuole riappropriarsi di forme e stili eleganti, spesso caratterizzata da figure geometriche ed aperta all’uso di tutti i materiali, dal legno intarsiato, alla plastica, all’alluminio, al vetro.
Questa breve sintesi dei vari stili dei mobili serve a comprendere meglio quanto un restauratore debba essere preparato, se vuole svolgere con serietà il suo mestiere.
Le antiche botteghe di restauro, quelle che si trovano nei centri storici delle grandi città o, quasi anonime e nascoste, discrete, nelle stradine dei paesi, spesso sono forti dell’esperienza maturata da decenni di attività, tramandata da padre in figlio.
I restauratori che operano in queste botteghe sono cresciuti respirando il profumo del legno e delle essenze ed hanno giocato con trucioli e legnetti,
Il falegname, l’altra faccia del restauratore, diventa anche ebanista. Si tratta di artigiani completi che sono dei veri artisti e conoscono tutte le sfaccettature che ruotano intorno al loro mestiere.
L’ebanisteria, l’arte di comporre intarsi, disegni e mosaici realizzati interamente in legno, che si differenzia dall’intarsiatore che invece usa anche altri materiali, comincia a farsi strada nel periodo del Rinascimento.
Abbondonata l’estrema semplicità del mobile medievale e dilettandosi a creare oggetti d’arredo ben più elaborati, ebanisti ed intarsiatori diedero sfogo alla loro bravura. Un artigiano mobiliere, forse il più famoso ebanista del periodo Neoclassico, adoperava ben ottantasei tipi di legni differenti, rispettandone venature e colori, per creare disegni stupefacenti.
Il restauratore conosce stili e conquiste che si sono succedute nei secoli; non solo è in grado di datare un mobile antico osservandolo nei particolari, ma è anche capace di restaurarlo nel pieno rispetto del suo essere. Con questo si intende dire che il restauratore non adopererà su un mobile materiali che non erano in uso in quel periodo, ma nemmeno tecniche non utilizzate per quello stile.
Le sverze, gli incastri a coda di rondine, il valore della patina: sono solo alcune delle terminologie che il restauratore deve conoscere per potersene servire.
Quando si focalizza l’attenzione su un mobile antico, o anche solo datato, che è in casa, oppure di cui si viene in possesso acquistandolo in un mercatino o scovandolo in una soffitta, il desiderio di volerlo “rimettere a nuovo” è quasi inevitabile.
Probabilmente si vaglia anche l’ipotesi di potercisi dedicare da soli, come un hobby appassionante.
Restaurare un mobile non è un’impresa impossibile, ma certamente non è facile. Il parere dell’esperto occorre quantomeno per aiutare ad identificare l’epoca dell’oggetto ed il suo valore, se non lo si conosce con sicurezza.
Il restauratore può anche dare consigli sugli interventi necessari, poichè una semplice pulizia e lucidatura può essere tentata da soli, ma se è necessario sverniciare, fare trattamenti antitarlo o interventi di falegnameria, a meno che non si sia abbastanza bravi e ben attrezzati, il fai da te può risultare difficoltoso ed anche controproducente.
Il linea di massima, si consiglia di cimentarsi da soli se il mobile è semplicemente vecchio o comunque di relativo valore e si propende per l’intervento di persone qualificate quando il mobile è di un certo prestigio.
La patina del mobile antico ha un grande valore, che una persona non esperta potrebbe non riuscire a salvaguardare. Non si tratta della verniciatura, tant’è vero che un mobile sverniciato può essere in patina. La patina, così importante nel determinare il valore del mobile antico è qualcosa che si ferma nei primi strati del legno; sono i segni del tempo che non intaccano la sua bellezza, ma la esaltano. Togliere la patina ad un mobile antico può significare il dimezzamento del suo valore e solo un bravo restauratore riesce a conservare questi segni, cancellando invece quelli che deturpano ed offuscano l’oggetto.
Si può più semplicemente decidere di operare su un mobile che non necessita di grandi interventi, ma solo di una buona lucidatura. Il restauratore suggerirà il metodo a tampone con gommalacca, che è il trattamento che assicura il più bel risultato.
La gommalacca è una sostanza naturale, prodotta da una cocciniglia che vive in Asia. Le scaglie di gommalacca, sciolte in alcool ad almeno 94°, in diverse concentrazioni, producono un liquido che, applicato con pazienza sul legno, seguendo alcuni fondamentali consigli, dopo l’evaporazione dell’alcool, regala al mobile quell’aspetto lucido ed asciutto al tatto, così piacevole da vedere ed accarezzare.
A chi vuole provare a lucidare un mobile con la gommalacca, innanzitutto si raccomanda pazienza. Dovrà considerare alcuni giorni di lavoro e costruirsi un discreto numero di tamponi, formati da quadrati di lino o cotone di circa 20 centimetri, al cui centro mettere del tessuto di lana inzuppato e strizzato nella soluzione di gommalacca ed alcool, inizialmente in percentuale di circa 200 grammi per litro
Il tampone ben strizzato va passato sulla superficie del mobile, già ben pulito da polvere e sporco, da un estremo all’altro, senza mai ripassare dove già fatto e senza alzare il tampone. Quando deve essere nuovamente bagnato, la stoffa va fatta scivolare fuori da un lato. La regola fondamentale è di far asciugare molto bene, anche alcuni giorni, la superficie del mobile, tra una mano e l’altra di passate col tampone. La soluzione va sempre più diluita, in modo che, seppure con un po’ di tempo e pazienza in più, si ottenga un risultato perfetto. L’ultima fase, la brillantatura, consiste nel passare con un tampone nuovo e una soluzione molto diluita, in modo da eliminare ogni ombra ed ogni macchia.
Il risultato è di grande soddisfazione ed il mobile risulta rinato.
Un mobile antico si può restaurare per motivi economici, ma spesso dietro questo lavoro, magari commissionato ad un restauratore scelto con cura, c’è fondamentalmente l’affetto per un oggetto che merita di tornare all’antico splendore.
Così come l’arte del restauratore si tramanda da generazioni, ma se c’è passione si può imparare, così il mobile antico, se non lo si possiede, si può acquistare e considerarlo un’eredità gradita da lasciare alla famiglia.